Anche l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare aderisce a “Liberi di fare”, la mobilitazione che, nelle giornate del 3-4-5 novembre in tante città italiane, riunirà le persone con disabilità per manifestare a gran voce il loro diritto all’autonomia e a una vita indipendente.
A Bologna le manifestazioni si svolgeranno nel cuore del centro storico: il 3 e il 5 novembre in Piazza Nettuno, e sabato 4 novembre lungo la pedonale via Indipendenza (ritrovo in angolo con via Altabella).
L’iniziativa è stata promossa dal movimento #liberidifare, una rete di persone nata intorno alle figure di Elena e Maria Chiara Paolini, due sorelle con una disabilità, che hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio e ai Ministri, denunciando la condizione di abbandono delle persone con disabilità da parte dello Stato, e chiedendo lo stanziamento di maggiori fondi per sostenere il diritto di autodeterminarsi e i progetti di Vita indipendente, da realizzarsi con l’ausilio di assistenti alla vita personale.
Nel “Manifesto sulla Vita Indipendente delle persone con disabilità” - documento elaborato da John Fischetti - si legge: «Vita Indipendente è, fondamentalmente, poter vivere proprio come chiunque altro: avere la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e la capacità di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che hanno le persone senza disabilità». È chiaro che, in questa definizione, il termine ha un’accezione molto ampia e lascia spazio alla piena libertà del singolo di attuare una serie di scelte e decisioni relative alla propria esistenza e alle proprie attività.
UILDM da sempre è accanto a chi lotta per questo diritto imprescindibile, e in tutta Italia si impegna a sostenere e concretizzare percorsi di Vita indipendente per favorire la realizzazione piena di tutte le persone, allontanandole dall’isolamento e dall’esclusione.
«La Vita indipendente – commenta Anna Mannara, consigliere nazionale UILDM - è uno strumento imprescindibile per passare da una politica assistenziale ad una politica di autodeterminazione. Garantisce l’autonomia a 360 gradi, e permette di gestire quegli atti che una persona che non ha una disabilità non ha bisogno di programmare, per esempio il vestirsi, la propria igiene personale, il preparare da mangiare, il tempo libero, il lavoro, lo studio, senza condizionamenti di sorta. Quando la gestione della persona con disabilità ricade totalmente solo sulla famiglia, anche il modo di vivere viene condizionato e limitato. Ha perciò un valore di riappropriazione del proprio ruolo sociale, che sia quello di genitore, di figlio, marito, moglie, studente, professionista: la persona ha la possibilità di inserirsi nel contesto sociale per quel che è, in piena libertà».
Serve un impegno condiviso da parte dello Stato e delle associazioni. Unendo le forze si potranno offrire strumenti validi per aumentare la serenità delle persone. Il benessere di uno è il benessere di tutta la società.